SPECIALE Sanremo 2024, le pagelle della prima serata.
Al via ieri la 74esima edizione del festival di Sanremo (l’ultima condotta da Amadeus? citofonare Cattelan…), con le sue trenta canzoni in gara – ventisette big e tre giovani promesse – e le oltre cinque ore di consueta maratona televisiva che il conduttore ravennate amministra manzonianamente, proteggendo il suo vaso di terracotta in viaggio tra vasi di ferro, con quel furbesco candore fantozziano che da sempre lo caratterizza. E dunque via libera al collaudato menù della casa a base di Fiorello, Ibrahimovic, lanci di fiction del palinsesto RAI in uscita, Marco Mengoni (che si riscopre spalla comica di prim’ordine), il dovuto omaggio a Toto Cotugno (monumento inscalfibile dell’epopea sanremese), con contorno misto di parentesi più sentimentali e timidi affacci su quest’Italia ferita che data 2024.
E la canzoni? Ad un primo ascolto quasi tutte ritmate, ballabili, pulsanti, missili con la “cassa dritta” progettati scientificamente per tuffarsi nella tonnara delle hit estive con mesi d’anticipo, macinando stream e diritti SIAE. C’è tanta voglia di TikTok all’Ariston quest’anno. Si sente però la mancanza del guizzo, della stranezza, dell’attenti al Bugo, della giocata imprevista, che spariglia il copione… Il festival tuttavia è ancora lungo, lunghissimo anzi, e sai quante ne possono succedere da qui a sabato. Conviene aspettare, con le orecchie ben aperte.
Intanto la sala stampa elargisce i primi verdetti della classifica provvisoria, nell’ordine: Loredana Bertè, Angelina Mango, Annalisa, Diodato, Mahmood.
Di seguito le nostre pagelle.
CLARA – Diamanti grezzi – 6
La vincitrice di Sanremo Giovani, anche nel cast di Mare Fuori, porta una canzone in stile Madame ben scritta ma non propriamente memorabile. Il beat pompa a dovere eppure il ritornello non resta attaccato, si sfarina in citazione di altre mille canzoni troppo simili. E la voce non graffia.
SANGIOVANNI – Finiscimi – 6,5
Un Sangiovanni inedito, intimista, lirico. Il pezzo appare un po’ fumoso, a tratti inafferrabile, il monologo del cuore spezzato tende a parlare sopra la canzone, soffocandola nei suoi singhiozzanti sospiri. Eppure “Finiscimi” potrebbe col tempo diventare un cavallo di battaglia del repertorio.
FIORELLA MANNOIA – Mariposa – 7
La Mannoia che non t’aspetti, briosa, esuberante, gitana, pure un po’ raggaeton, con un mojito nella mano e la spada nell’altra. La vestale della canzone militante sa concedersi un attimo di tregua (senza abbassare la guardia), piedi scalzi, sguardo di fuoco, anche flessuose che accennano un passo di danza.
LA SAD – Autodistruttivo – 5
I tre crestati ragazzi scarabocchiano uno scombiccherato fumettaccio pop-punk annacquato con troppa gelatina, senza capo né coda. Pittoreschi a loro modo, ma più da guardare che da ascoltare.
IRAMA – Tu no – 6,5
Irama irameggia come suo solito, forte di una cifra che è ormai solo la sua. Una piuma all’orecchio e troppi sassi in bocca che spiazzano all’inizio ma poi il pezzo sale di tono grazie al consueto armamentario di sviolinate epiche e versi d’amore, che potrebbero facilmente regalare soddisfazioni di classifica al toscano.
GHALI – Casa Mia – 8
Il molleggiato Stromae meneghino dimostra di avere un’ottima (fabbri) fibra. La canzone funziona, è affamata di passaggi radiofonici che otterrà senza sforzi. Grande presenza scenica, arrangiamento trascinante, metrica semplice, politica toccata di striscio e la cenere dello scorso anno diventa fiamma. Profumo di podio.
NEGRAMARO – Ricominciamo tutto – 6
Un ritorno all’Ariston che suona come un ritorno alle origini. Ricominciano da capo i salentini, abbigliati come personaggi di Dune, con un pezzo-kolossal un po’ ingarbugliato, tutto gorgheggi e coriandoli, barocco fino allo spasimo e che forse non arriva mai al punto, al palo da qualche parte fra Immagine Dragons e Coldplay.
ANNALISA – Sinceramente – 7,5
Classicissimo martello da hit parade, nella cui produzione la ligure è ormai specializzata, forse un po’ manualistico nel concetto e nell’esecuzione. La Scarrone cerca Kylie Minogue ma lungo la via trova soprattutto una vibe da Raffaella Carrà in salsa elettropop, erotismo a fiumi, scioglilingua quando quando quando che vorrebbero slegare oltre alle labbra anche gambe e piedi. E alla fine ci riescono.
MAHMOOD – Tuta Gold – 7
Artista e performer di razza, con grandi strumenti vocali e una strategia espressiva sempre aggiornata alle più recenti tendenze internazionali in fatto di ricerca pop. Non dà i brividi come un duetto con Blanco nè replica l’exploit di “Soldi” ma “Tuta Gold” è l’unica strada che in questo festival porta fuori dalla provincia del canzonettismo italiano e dai suoi luoghi tanto famigliari quanto comuni.
DIODATO – Ti muovi – 7,5
Vestito come un bianco profeta dell’auto-aiuto, il cantautore romano non poteva fare lo stesso rumore del 2020 e neppure, saggiamente, ci prova, rifugiandosi piuttosto nelle certezze di un pezzo d’impianto classico e di grande mestiere, brillante di una grazia piacevolmente beatlesiana.
LOREDANA BERTE’ – PAZZA – 7
Tutti pazzi di Loredana, che fa e disfa tutto da sola da una vita e già questo le vale infinito rispetto. Rombante manifesto autobiografico, con suoni vintage da Festivalbar d’altri tempi, “PAZZA” ci restituisce la Tina Tuner nostrana al suo meglio, bellissima e azzurra di rabbia orgogliosa.
GEOLIER – I p’ me, tu p’ te – 6,5
Il rapper partenopeo si gioca la carta del dialetto ma i suoni guardano soprattutto a Lazza e Liberato, con beat veloci a sostenere il sempiterno melodramma sentimentale di una canzone che avvolge ma, scappando di qua e di là come acqua corrente, non rimane.
ALESSANDRA AMOROSO – Fino a qui – 6
La Amoroso resta fedele al più tipico canovaccio sanremese, con una canzone-coperta di Linus, comunque dignitosa, che suona già vecchia di vent’anni e che pure potrebbe essere premiata dal pubblico più sensibile alle buone vecchie tradizioni di casa nostra.
THE KOLORS – Un ragazzo una ragazza – 7,5
Dalla premia ditta del tormentone “Italodisco” un sequel all’altezza delle aspettative. Un ragazzo incontra una ragazza. Tutto il resto lo potete immaginare. Ne saremo perseguitati fino all’inverno prossimo.
ANGELINA MANGO – La Noia – 6,5
La regina delle playlist estive, coadiuvata dal dream team Dardust e Madame, la butta in cumbia, danza popolare colombiana, cercando il dancefloor latino per sfuggire alla noia, mescendo acri succhi tropicali in un variopinto cocktail bar elettronico. Eppure, dopo le prime sorsate, il mix non dà alla testa.
IL VOLO – Capolavoro – 5,5
Mai titolo fu più sbagliato, per una sbadigliante, fiacchissima, romanza che rumina vocalizzi operistici e pomposi affondi orchestrali oltre misura. Anche qui: attenti al voto popolare, che potrebbe tramutare la ruggine in polvere d’oro.
BIGMAMA – La rabbia non ti basta – 7
Canzone curiosamente simile a quella di Clara ma più rabbiosa e ficcante, anche grazie alla propulsione che le viene dal carburante delle tante lacrime versate (e cantate). Un voto dunque in più per l’interpretazione.
RICCHI E POVERI – Ma non tutta la vita – 5
Tanta sincera tenerezza per una canzone che è pleonastica almeno quanto la partecipazione al festival dell’oggi duo Brambati/Sotgiu. Ai quali, in perenne botta e risposta romantico, non riesce purtroppo quel battito d’ala leggiadro che aveva spinto Rita Pavone, Orietta Berti e Cugini di Campagna nelle ultime edizioni.
EMMA – Apnea – 7
La Marrone cerca il colpo di bacino vincente, descrivendo la parabola di un pezzo dinamico e pulsante, che nuota negli alti mari della migliore Bertè e sa lasciarsi andare alla corrente con sufficiente scioltezza, senza perdere il respiro.
RENGA NEK – Pazzo di te – 5,5
L’ormai affiatata coppia, in debito di idee, cerca di mettere in cassaforte un collaudato feuilleton amoroso, cantato col cuore incastrato di traverso nella gola. Il tutto suona quasi come la verbosa dichiarazione d’amore di un fedifrago seriale. Verrà creduto e perdonato pure questa volta?
RAIN – Due altalene – 5
I superpoteri (già dubbi) del 2023 sono svaniti nel nulla e quello che rimane, scappati pure i bambini, è l’oscillare a vuoto di altalene abbandonate al loro spettrale destino.
BNKR44 – Governo punk – 5
Anche questa curiosa boy band toscana pare aver dimenticato a casa la valigia con dentro la canzone da eseguire. A meno che non si voglia considerare tale una biascicante filastrocca che davvero non suona pronta per una ribalta nazionale di tali dimensioni.
GAZZELLE – Tutto qui – 7
Il cantautore, unico quest’anno a rappresentare la quota indie, si dimostra credibile esponente di una scuola romana che da Silvestri arriva fino a Franco126. “Tutto qui” non è esattamente una hit eppure, nel contesto delle canzoni in gara, spicca per le sue movenze di malinconica, agrodolce, ballata.
DARGEN D’AMICO – Onda alta – 6
Il rapper situazionista Dargen D’Amico cavalca il mare mosso dell’attualità e dei fatti di cronaca, con un coro quasi da armata rossa e basi da festa techno anni 90 a battere sul ritornello. Un po’ trash un po’ sinceramente polemico, D’Amico lascia l’impressione che si continuerà a saltare più “Dove si Balla” che sulle schiume di quest’onda alta, già infrantasi a riva.
ROSE VILLAIN – Click boom! – 5,5
Pezzo sbilanciato, né ballata né trapano ritmico, che parte drammatico e poi prova in tutta fretta a camuffarsi da tormentone onomatopeico click bum bum ma senza la necessaria convinzione. Resta una bella voce e poco altro.
FRED DE PALMA – Il cielo non ci vuole – 5
Altro pezzo col pilota automatico installato. Si cerca di replicare come si può le imprese urban di Lazza e Blanco ma la scrittura è dozzinale, blandamente imitativa, senza fremiti.
SANTI FRANCESI – L’amore in bocca – 7,5
Eccellente canzone dei campioni di X Factor, che vengono certamente penalizzati dall’orario notturno dell’esibizione, consumata davanti a ben pochi superstiti. Con un po’ di fortuna, i due novelli Pet Shop Boys sapranno risalire la classifica e prendersi più di una rivincita nei mesi a venire, grazie al tesoretto di un ritornello felicissimo.
MANINNI – Spettacolare – 5.
Maninni non è Ultimo nè Tannai e, pur con tutte le attenuanti del caso, la mancanza di carisma finisce per condannarlo ad un anonimato da bassa classifica senza riscatto.
ALFA – Vai! – 6,5
Canzone discreta del giovanissimo autore genovese, con ritornello folk corale in stile Of Monsters And Men/Lumineers, che potrebbe risalire la china, magari aiutata da un orario più clemente.
IL TRE – Fragili – 5,5
Chi è riuscito nell’impresa di arrivare all’ultima esibizione in programma incolume non viene ricompensato da colpi scena ma dall’ennesima variazione a tema Lazza che forse non valeva la pena di essere attesa fino all’alba.
Servizio a cura di Francesco Giordani