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Rubrica a cura dell'avvocato apriliano Felice Sibilla. Per una consulenza o info scrivere a info@studiolegalesibilla.it

Processo di appello – La spiegazione dell’avvocato Felice Sibilla

Processo di appello: la sospensiva

APRILIA – Il nostro sistema processuale prevede due gradi di giudizio ed un terzo grado, innanzi la Corte di Cassazione, laddove ne ricorrano i presupposti di legittimità individuati all’art.360 cpc.

Nel momento in cui si impugna una sentenza, tuttavia, è necessario avere bene in mente che la sola presentazione dell’appello non sospende, di per se, l’esecutività della contestata decisione.

Le sentenze sono, ai sensi dell’art.282 cpc, immediatamente e provvisoriamente esecutive (lo diventano definitivamente a seguito dell’inutile decorso dei termini per impugnare, ovvero quando confermate anche dagli eventuali successivi gradi di giudizio) e, quindi, anche laddove appellate costituiscono comunque un valido ed idoneo titolo per procedere, parallelamente all’appello, alla fase esecutiva.

Quindi per impedire l’esecuzione forzosa non è sufficiente impugnare la sentenza avversa, con l’auspicio di una riforma della decisione in proprio favore, ma è necessario formulare una specifica istanza di sospensione che apre la c.d. fase “cautelare” ex art.283 cpc. La procedura cautelare risponde a determinati criteri e tempi più ristretti rispetti al c.d. merito.

Se si impugna una decisione di I grado (Gdp ovvero Tribunale), la competenza di II grado sarà rispettivamente del Tribunale ovvero della Corte di Appello territorialmente competenti e la richiesta di sospensiva – a pena di decadenza – deve essere contestuale alla presentazione dell’atto di appello. L’organo di II grado fisserà un’udienza camerale al solo fine di decidere sulla “sospensiva”, alla stregua dei due requisiti imposti dalla legge: il c.d. “fumus” ed il “periculum in mora”.

Per fumus si intende l’apparente ragionevolezza delle proprie ragioni: ovvero le argomentazioni dell’appello e le censure mosse contro la decisione del Giudice di I grado devono apparire, anche da una lettura sommaria degli atti, evidenti e meritevoli di accoglimento; il periculum consiste nell’irrimediabile danno che l’appellante subirebbe dall’esecuzione (ingiusta) nelle more che venga deciso il merito dell’appello che verosimilmente dovrebbe riformare (totalmente o parzialmente) la decisione di prime cure. L’onere probatorio dei due requisiti ora ricordati incombe, ovviamente, sull’appellante.

All’esito dell’udienza c.d. “cautelare”, laddove tali requisiti vengano riconosciuti dall’Organo Giudicante, l’efficacia esecutiva della sentenza (se l’esecuzione ancora non è iniziata), ovvero l’esecuzione forzata (laddove questa fase sia stata già attivata) viene sospesa e fissata la discussione per la decisione nel merito dell’appello.

Viceversa, quando il Tribunale /Corte di Appello ritiene insussistenti e/o comunque non provati i requisiti in commento, rigetta l’istanza di sospensione, condannando eventualmente anche alle spese la parte soccombente e rinviando, comunque, per la decisione nel merito dell’appello. La concessione della sospensione può essere subordinata dal Giudice al versamento di una cauzione.

In ordine ai tempi, quindi, l’Istanza di sospensione deve essere contestuale all’appello e non sarà possibile formularla successivamente allo stesso; in caso di particolare urgenza o evidenza dei requisiti cautelari, il Giudice potrà concedere la sospensiva – inaudita altera parte (senza contraddittorio) già con il decreto di comparizione delle parti per l’udienza camerale, riservandosi, all’udienza e nel contraddittorio tra le parti, la conferma o la revoca della sospensiva. L’udienza camerale è fissata in tempi molto più ravvicinati rispetto alla fissazione dell’udienza di discussione del merito.

Anche il ricorso per Cassazione non sospende, di per se, l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.

In questo caso, la sospensiva ha delle peculiarità rispetto a quanto detto precedentemente ed è disciplinata dall’art.373 cpc che prevede: a) La competenza sulla sospensiva non è della Corte di Cassazione, ma del Giudice che ha emesso la sentenza che si impugna innanzi alla Corte Suprema; b) il ricorrente a pena di inammissibilità deve dare contezza di aver depositato il ricorso in Cassazione; c) il ricorrente deve dare prova del “grave ed irreparabile danno” che patirebbe dall’esecuzione della sentenza avverso la quale pende il giudizio in Cassazione.

Per “grave ed irreparabile danno” s’intende quando vi sia una notevole sproporzione tra il vantaggio e il pregiudizio che derivano all’una e all’altra parte della esecuzione della sentenza. L’irreparabilità del danno è intesa prevalentemente in termini oggettivi cioè come irreversibilità del pregiudizio che si produce nella sfera giuridica dell’istante. Analoga procedura è prevista con l’art.62 bis, introdotto dal D.Lgs 156/15, in ambito tributario: avverso la sentenza di II grado emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, impugnata in Corte di Cassazione, il contribuente può chiedere alla Commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività.

Anche in questo caso è necessario provare la pendenza del giudizio in Cassazione è la sussistenza del requisito della “danno grave ed irreparabile”, in luogo dei “i gravi e fondati motivi” cui soggiace la sospensiva del giudizio di I grado.

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